22 marzo 2020

il palloncino

sono a casa, mi alzo ogni mattina, alle 8 o giù di lì. Dal vetro, dopo colazione, osservo quanta gente è in fila davanti al panificio di fronte casa, per tirare poi lo sprint decisivo lungo le scale,  per accaparrarmi un filone di pane cotto a pietra, un pezzo di schiacciata e qualche pizzetta rossa per i miei figli, che mi accolgono con grida di divertimento ed approvazione non appena varco la soglia con il bottino. La volta scorsa, smarrito e senza meta, ero sceso in avanscoperta per vedere quanta gente c'era nel supermercato biologico non distante  casa  ed avvicinandomi capii che c'era da fare una fila che mai avevo fatto per dei prodotti biologici, cari, e il più delle volte sopravvalutati. Mi rammaricai di  aver boicottato in partenza il panificio di fronte casa, tornai quindi sui miei passi, ma una piccola fila di mascherine mi aspettava anche lì con impazienza.  A quel punto non avevo voglia di fare nessuna fila, e  dopo aver incrociato una maschera antigas, tornai a casa con le mani in mano e una gran voglia di mascherina a forma di pan brioche.

Tra i negozi davanti casa, vorrei ricordare il negozio di palloncini ed articoli per compleanni, feste, anniversari etc etc che il proprietario gestiva con discrezione e simpatia. Da poco tempo, eravamo diventati clienti abituali, o meglio da quando mia figlia ha cominciato la materna, quindi passaggio obbligato al ritorno. Come Tex Willer oramai ero solito affrontare il percorso scuola casa, con la solita gola/strettoia del canyon, e  passo dopo passo,  aspettare  l'imboscata di turno degli indiani dall'alto.  Un tira e molla quotidiano, dove c'era una figura che tirava (mia figlia) e uno smilzo figuro che mollava (io). Così abbiamo accumulato nel tempo (devo dire breve) diversi palloncini, oramai sgonfi e privi di elio persi nello spazio cosmico. L'ultimo palloncino che ho ancora  qui di fianco mentre scrivo, è attaccato al soffitto,  è a forma di cuore, viola, con Elsa ed Anna di Frozen l'una accanto all'altra.
Il proprietario, aveva preso a simpatia l'ostinata testardaggine di mia figlia che come un mulo sardo, piantava i piedi davanti alla sua vetrina mentre io cercavo di smuoverla inutilmente. L'ultima volta dicevo, dove, dopo aver attaccato il palloncino alla bombola grigia,  alta e filiforme dell'elio era solito chiedere: di che colore lo vuoi lo spago? e mia figlia come sempre, gli rispondeva,  blu.
Questa volta, non era solo, c'era la moglie, che accanto a lui, incartava,piegava,  insomma aveva il suo da fare, così non chiesi nulla circa il costo che avrei dovuto sostenere, perchè lo conoscevo, ed anche lui lo conosceva, visto che era solito togliermi un obolo per simpatia ( da quella volta che ci andammo per due giorni di fila, perchè accadde anche che  il giorno dopo l'acquisto, davanti  scuola, il palloncino si congedò da mia figlia per sempre nell'aria, libero e felice).
In quel silenzio tacito di sana complicità maschile, dopo aver gonfiato il palloncino, passò sommessamente dietro la moglie, cercando di non attirare l'attenzione della stessa e come un mimo mi  comunicò con i muscoli del viso e della bocca, il solito prezzo scontato, ed io ringraziandolo con gli occhi,  di tanta attenzione, ignaro dell'imminente chiusura,  gli allungavo la banconota che avevo già pronta.

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